“Parlare di musica è come ballare di architettura” sottolineava Frank Zappa con la caustica saggezza che lo caratterizzava; e in effetti non si può non essere d’accordo con lui. Per questa volta faremo un eccezione e cercheremo di raccontare quella che più che una kermesse rappresenta una vera e propria tappa obbligata per chi si professa “melomane di razza”.
Sono passati 38 anni dalla prima edizione di Umbria Jazz e, come già scritto in un precedente articolo, ogni anno il festival riesce a mescolare tutta quella serie di ingredienti che lo rendono magico e allo stesso tempo godibilissimo. Il pubblico è sicuramente il primo di questi ingredienti; variegato e numeroso; rappresentato da giovani e meno giovani di vari paesi europei e non, uomini ma soprattutto donne (numericamente sovrastanti) accumunati dalla voglia di ascoltare quella musica così poco diffusa in Italia ma così tanto amata nonostante la bassa commercializzazione. La location è il secondo dei nostri ingredienti, una Perugia che nei dieci giorni di Umbria Jazz si trasforma in una nuova “New Orleans” capace di far invidia alla cittadina della Louisiana grazie alla straordinaria bellezza di un centro storico ricco di quel fascino tipico di tante città italiane; ma con il valore aggiunto di esser una di quelle città tutte da scoprire. Con i suoi palazzi medievali e il suo cuore etrusco Perugia è equiparabile ad una donna affascinante e sfuggevole che svela gradualmente la sua passione solo a chi sa corteggiarla con rispetto e vero interesse. Una città nella quale perdersi lasciando che sia lei a condurvi dove vuole. Una città che non ama il caos e che ha fatto del vivere “slow” il suo punto di forza.
Il terzo ed ultimo ingrediente, ma sicuramente primo per importanza, è la musica. Umbria Jazz è la Musica. E’ senza ombra di dubbio l’unica manifestazione italiana dove la musica è al centro di tutto; non solo logisticamente (Piazza IV Novembre e Giardini Carducci n.d.a) ma è letteralmente al centro di ogni singolo minuto vissuto dal turista occasionale o dall’appassionato. Basta infatti consultare il ricco calendario per verificare come i “Singer” e le “Street Band” siano continuamente presenti con le loro note durante tutto il festival. Ambasciatori della buona musica che la portano fisicamente lungo le principali direttrici della città. Ecco quindi che è possibile imbattersi, nel pomeriggio per esempio, in caratteristiche band di strada newyorkesi pronte a coinvolgervi con i loro ritmi inconfondibili e trascinatori.
Ma è di notte che il capoluogo e la kermesse danno il meglio di se. Una triplice possibilità di ascolto tenta quel pubblico desideroso di “dissetarsi” finalmente con della buona musica.
L’Arena Santa Giuliana, poco fuori dal centro, da la possibilità di seguire i “Grandi Big” della musica internazionale: Liza Minnelli, Santana, BB King, Caro Emerald. Prince, sono solo alcuni dei nomi che quest’anno calcheranno il suolo perugino per la gioia di chi ama un genere meno di nicchia. Toni Green,
Jr, Allan Harris Quintet, oppure i nostrani Funk Off. i nomi che invece arricchiranno le serate di chi; nel cuore della città, vuole vivere il Blues, l’ R&B’, il Soul, L’Acid Jazz.Ed è qui che mi sono andato a collocare io; nel cuore pulsante e più vero di Umbria Jazz 2011.
Ma andiamo con ordine… Partiamo proprio da Toni Green.
Toni Green è una interprete nera, dotata di una straordinaria voce Soul e Blues ed un suo stile tutto originale e particolarissimo. La cantante del Kentucky, insignita del prestigioso “Best Female Vocalist of the Year” per 3 anni di fila che catturò giovanissima l'attenzione del leggendario Isaac Hayes una delle colonne portanti della musica black, vanta tante collaborazioni importanti fra le quali non si possono non ricordare quelle con Dennie Edwards dei Temptations, e con i leggendari "Manhattans".
Sul palco Toni da il meglio di se scaldando ancor di più una serata già metereologicamente molto calda. La sua voce graffiante riempie piazza IV Novembre catturando il cuore e la mente delle centinaia di persone presenti, me compreso.
La sua ora di concerto vola, come le sue note ora calde e coinvolgenti, ora roboanti e piene.
Toni spazia con una scaletta fatta di brani storici e pezzi personali fra le quali la commovente “Single Mothers” o l’evocativa “Every Man”. Una straordinaria interprete che ancora una volta non ha disatteso le aspettative dei fans. Di tutt’altra pasta è fatta Chick Rodgers, cantante dell’Illinois dalle sonorità tipicamente Rythm and blues. La “piccola” Chick inganna con il suo aspetto minuto quasi da bambina; in realtà è una vera forza della natura capace di “dar fuoco” ai Giardini Carducci grazie a brani come “To know you” o l’intimista “Ain't No Way”.
Da segnalare l’omaggio a Micheal Jackson in chiusura e la rivisitazione in chiave Blues di “You Can't Always Get What You Want” dei Rolling Stones.
Le “dolenti note” di dantesca memoria purtroppo non sono mancate a riprova che la perfezione non è di questo mondo. Louisiana. Il suo ballabile funky questa volta convince poco a causa di una voce spesso “fuori giri” magari provata da precedenti performance e da troppi salti su quello che più che un palco sembra un circo, viste anche le movenze convulse del “buon” Dopsie Jr. che troppo spesso incita la folla con il suo personalissimo “Parufsia” una via di mezzo fra Falluja e Perugia. Forse, rotto il ghiaccio iniziale, potrà rifarsi nelle prossime serate a lui dedicate; vista la sua grande energia e la versatile abilità vocale che lo hanno da sempre contraddistinto rendendolo il degno erede di Rocking Dopsie Senior.
Jr. ha deluso profondamente, nella giornata di venerdì 8, un pubblico che forse, memore del passato e delle sue energiche performance, si aspettava uno show all’altezza del musicista della Rimandati a Settembre gli italianissimi “Funk Off” sempre molto coreografici e coinvolgenti ma sicuramente più adatti a performance “su strada” piuttosto che su un palco.
Tutto questo e molto altro è Umbria Jazz; un’esperienza musicale e di vita da provare almeno una volta.
Nel caso ve lo stiate chiedendo; il titolo iniziale è ripreso da una frase di Duke Ellington, in riferimento al Jazz, più vivo che mai in ogni nota suonata in questo nuovo e straordinario Umbria Jazz 2011.
Nessun commento:
Posta un commento