Riconoscere la propria immagine riflessa in uno specchio è uno dei primi “test” per definire quanto un animale abbia coscienza di se. Quello stesso specchio può però essere un elemento distruttivo nel caso della Dismorfofobia, patologia poco nota e di cui poco si parla ma conosciuta indirettamente grazie a Vitangelo Moscarda, protagonista dello straordinario romanzo di Luigi Pirandello Uno, nessuno e centomila affetto proprio da tale malattia.
In realtà dal punto di vista medico-scientifico si tratta di un raro distubo psichiatrico (colpisce circa il 2 % della popolazione) in cui chi ne è colpito ha un’immagine distorta del proprio aspetto fisico, che gli appare deforme e brutto generando problemi comportamentali molto gravi legati alla sfera delle relazioni sociali, alla sessualità fino ai problemi alimentari che dalla Dismorfofobia possono scaturire come la Bulimia o l’Anoressia, nelle forme più gravi i soggetti colpiti si sottopongono ad inutili interventi di chirurgia plastica.
Le preoccupazioni possono focalizzarsi sull’intero aspetto esteriore o solo su una parte delimitata del proprio corpo. Un recente studio, condotto da Jamie Feusner e collaboratori all’Università della California a Los Angeles, ed apparso in un articolo pubblicato on line dalla rivista Psychological Medicine, ha però verificato come anche la corteccia visiva sia implicata in tale patologia.
Dallo studio è emerso come nei pazienti affetti da dismorfofobia, durante l’elaborazione degli elementi visivi, l’attività cerebrale sia ridotta rispetto al normale. Diversamente dai soggetti sani che tendono a guardare la propria immagine in generale, i Dismorfofobici focalizzano la loro attenzione su singoli dettagli del corpo che ai loro occhi appaiono deformi.
“Finora non era stato condotto alcuno studio sull’attività cerebrale delle aree visive in questi pazienti”, ha osservato il Prof. Feusner primo firmatario dello studio che ha inoltre aggiunto: “In genere gli psicologi ritenevano che le persone con problemi di immagine del proprio corpo, come per esempio quelle che soffrono di disturbi del comportamento alimentare, soffrissero solamente di una distorsione a livello dell’elaborazione del pensiero, e non che avessero problemi a livello della corteccia visiva, che precede il pensiero cosciente”.
Una ricerca dunque che potrebbe in alcuni anni portare a nuove terapie mirate per la risoluzione del problema.
Andrea Lupoli
[Fonte: Le Novae.it]
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