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martedì 18 settembre 2012
“Essere molto malati ed essere morti sono condizioni molto simili agli occhi della società..." O no?
“Essere molto malati ed essere morti sono condizioni molto simili agli occhi della società”. E’ con questa frase che lo scrittore statunitense Charles Bukowski definisce la condizione del malato in una delle sue, forse poco note, opere (Sotto un sole di sigarette e cetrioli nda). In un sistema sanitario moderno e modernizzato, quello di cui fruisce la parte di mondo “fortunata”, aumenta in linea teorica l’età media delle persone che vedono però drasticamente diminuire in proporzione la loro salute. Il benessere psicofisico traballa sotto i colpi di una medicina spesso disumanizzata e lontana dal paziente che diviene si oggetto di cure ma non soggetto delle dovute attenzioni che un essere umano, imprescindibilmente dalla sua condizione di malato, necessita. In un’ottica complessa e controversa, di “Bukowskiana memoria”, si muovono alcuni passi importanti affinché non ci si limiti alla somministrazione di trattamenti sanitari ma si vada oltre, inserendo il malato in un contesto terapeutico più ampio che finalmente tocca aspetti non solo biologici. Nasce, sotto questa luce a Roma, un nuovo day hospital per i circa 30.000 pazienti seguiti ogni anno dal Dipartimento di Oncologia Medica dell’Istituto Regina Elena di Roma, diretto da Francesco Cognetti. Su 600 metri quadri, adiacenti ad un area verde di 2mila metri quadri, i nuovi spazi dispongono di 24 poltrone ergonomiche per le infusioni chemioterapiche distribuite in 2 ampi open spaces, dove e’ garantita comunque la privacy, cui si aggiungono 4 posti letto. Le 150 visite e le oltre 100 terapie quotidiane, che si articolano su 5 giorni dalle 8.00 alle 19.00, si effettuano ora in un area dove e’ stato curato ogni minimo particolare con una attenzione all’aspetto psicologico del malato. Il progetto cromatico, promosso dal Direttore Sanitario, Amalia Allocca, e’ stato realizzato dall’architetto Paolo Brescia di ”Cromoambiente”. ”La nostra attivita’ – spiega Cognetti – e’ molto intensa. I nuovi ambienti sono molto funzionali e confortevoli con ampi open space che consentono il monitoraggio continuo da parte degli operatori sugli ammalati. Anche dal punto di vista estetico, il gioco di colori e’ particolarmente piacevole e favorisce un approccio di massima serenità”’. ”Con una architettura finalizzata all’umanizzazione delle cure – sottolinea Amalia Allocca – abbiamo cercato di alleggerire l’intensita’ emotiva di pazienti e di operatori”. Gli ambienti sono stati ”colorati” ed arredati secondo il Metodo Cromoambiente dell’architetto Paolo Brescia che spiega: ”La visione dinamica di giochi di colori e ottici se da una parte favorisce l’evasione degli utenti, dall’altra sostiene l’attenzione degli operatori. Gli ambienti sono caratterizzati da colori che facilitano la socializzazione, l’associazione d’idee con luoghi aperti oppure che aiutano a diminuire lo stress e la percezione olfattiva. I soffitti, bi o tricolori aiutano ad evadere e fantasticare con il pensiero, come pure i vari giochi ottici disseminati nei nuovi ambienti”. Ampie vetrate consentono la vista su un grande giardino ombreggiato che sara’ ulteriormente attrezzato per i pazienti che lo popoleranno nelle belle giornate. L’area del Day Hospital e’ adiacente all’atrio principale degli Istituti, cio’ insieme al giardino consente quindi ampi movimenti ai pazienti che vengono tutti dotati di un dispositivo ”cercapersone” (donazione dell’associazione AMOC) che li avvisa quando e’ il loro turno di visita o di terapia. ”Questo nuovo spazio all’interno dell’Istituto – conclude Lucio Capurso, Direttore Generale IFO – e’ un ulteriore importante tassello che si inserisce nei nostri progetti di umanizzazione delle cure”.
Andrea Lupoli
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Se c'è vita c'è speranza ,per quello è che le istituzione ,i medici, e tutte le persone coinvolte nella guarigione di un paziente dovrebbero fare di tutto per salvare una vita .Ottimo post
RispondiEliminaNon bisognerebbe comunque toccare solo gli aspetti biologici, come ho scritto nel post, ma riflettere di più sulla qualità della vita del paziente che non è solo legata al trattamento da somministrare ma da elementi molto più complessi.
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