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mercoledì 21 novembre 2012

Recchioni: “Il Fumetto è un linguaggio, non un prodotto per l’infanzia” (Ristampa Mater Morbi)



In occasione della ristampa dell'albo "Mater Morbi" (da ieri in tutte le edicole) ripropongo un mio articolo redatto, poco più di un anno fa, subito dopo una piacevole diretta radiofonica con Roberto RecchioniE' passato un pò di tempo ma continua a rimanere il mio prodotto preferito "made in Rrobe". Si lo so, qualcuno di voi dirà: "Ma dai, è più facile scrivere di certe cose, suscitare emozioni con l'ausilio della malattia; voi mette i silenzi dei Samurai e le atmosfere magiche del Giappone feudale con i dotti riferimenti letterario/cinematografici".
Sarà tutto vero ma io non sono così raffinato e alla poesia del "ciliegio in fiore" preferisco il "puzzo dell'amuchina" sul pavimento di un ospedale...
Buona lettura


“Il fumetto è una forma di linguaggio; e come tale con esso è possibile comunicare anche su temi importanti. Purtroppo in generale le persone tendono a considerarlo come un prodotto destinato all’infanzia”. Con queste parole inizia un lungo dialogo con uno dei maggiori sceneggiatori di fumetto italiani degli ultimi venti anni; Roberto Recchioni; talentuoso maestro della sceneggiatura che con grande abilità e straordinaria sensibilità ha dato vita ad una delle storie più belle di sempre legate all’ “Old Boy” Dylan Dog. Sto parlando di “Mater Morbi” albo numero 280 della serie regolare del mensile Bonelli fra i più venduti in Italia.
E’ una piacevolissima chiacchierata quella con Recchioni, andata in onda durante la diretta di Music&Medicine venerdì 16 settembre 2011; Roberto con estrema chiarezza traccia il “leitmotiv” che lo ha spinto a realizzare tale albo e sottolinea la catarsi di un opera che va oltre la narrazione stessa; divenendo una sorta di “specchio cartaceo” all’interno del quale ogni malato, passato o presente, è in grado di rivedere se stesso.
Come lo stesso Recchioni sottolinea: “Dylan Dog è un paziente che combatte e tende a non usare la sua malattia come scudo con il resto del mondo” precisa infatti: “Spesso il malato utilizza la sua condizione come una protezione nei confronti del mondo esterno; sono malato e dunque giustificato a prescindere da cosa faccia o non faccia, dica o non dica”. E’ anche per questo che la malattia, Mater Morbi, è una bellissima e sensuale donna che seduce e tortura i suoi malcapitati “amanti”.
“L’aspetto seducente è legato proprio al fatto che la malattia permette agli uomini d’esser giustificati”; ma Mater Morbi è anche un’amante esigente che strappa via salute e stabilità alle sue vittime come una fredda torturatrice. Il lavoro di Recchioni è per questo un prodotto senza tempo; perché, come lui stesso evidenzia, nonostante nuove terapie e innovativi strumenti diagnostici il malato in un ospedale rimane solo, nemmeno l’amore dei propri cari possono colmare quell’enorme distanza che separa i “sani” dai “malati”. “Qualcuno ha detto che nessun uomo è un isola, ma sono ragionevolmente convinto che a dirlo è stata una persona in buona salute” questo il commento che scrive Dylan Dog-Recchioni in un diario durante un suo ricovero; a sottolineare la grande solitudine di un malato. C’è tanto di Roberto Recchioni in questo albo ma è forse per questo che il fumetto riesce a prendere per mano il lettore, anche il più distratto, e lo conduce in un vero viaggio attraverso la patologia; come solo l’opera di un artista può fare.
La conversazione si è poi naturalmente spostata, nel corso della diretta, sulla possibilità didattica del fumetto; commentando il simpatico ma mai banale lavoro di James Kakalios; professore di fisica presso l’università del Minnesota autore del libro “La Fisica dei Supereroi” un testo di fisica teorica dove Kakalios utilizza esempi tratti dal mondo dei fumetti e nello specifico in quello dei supereroi evidenziando come molto spesso concetti oltremodo complessi sono racchiusi proprio dietro le gesta o i poteri di questi “eroi di carta”. Forse il linguaggio della scienza e della conoscenza possono lavorare ancora in sinergia con il mondo, apparentemente così lontano, del fumetto; forse è ancora possibile credere che si possano veicolare informazioni proprio grazie a questa forma d’arte tanto amata. Come direbbe Dylan Dog: “Il fatto che io creda o meno all’autenticità di tali fenomeni è del tutto irrilevante. Ciò che conta è che non mi rifiuto a priori di crederci, come fa la maggior parte della gente “seria”.
Andrea Lupoli

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